Il Cerchio magico: Mamme imprenditrici

Si parla spesso della difficoltà di conciliare impegni e vita professionale, in particolare per le madri, e i numeri delle donne che lasciano il lavoro alla nascita dei figli sembra in continua crescita. Quel che questi numeri non dicono, però, è che molte mamme dopo qualche tempo cercano di reinventarsi e costruirsi un’opportunità lavorativa in proprio. Già nel 2013 si parlava di più di un milione di donne che hanno aperto una attività e l’Italia è la prima in Europa per questo fenomeno che va di pari passo con il suo basso tasso di occupazione femminile. Insomma se il mondo del lavoro è inabitabile per le mamme, le mamme si inventano un’alternativa tra le mura domestiche.

Questo fenomeno presenta senz’altro lati positivi e negativi, alcuni difficili da indagare perché afferiscono alla sfera più personale, altri più evidenti. Un elemento significativo da tenere presente è che accostare il lavoro in proprio delle donne ai tassi di licenziamento e alla disoccupazione femminile è necessario, perché indubbiamente i due fenomeni sono tristemente correlati, ma non esaurisce la questione: non è detto infatti che il lavoro in proprio rappresenti per la donna un ripiego, magari si tratta invece di una vera opportunità sempre desiderata e rimandata finché l’esperienza della maternità non ha dato la spinta per provarci. Spesso le attività avviate riguardano direttamente la cura dei bambini: micro-nidi, ludoteche, sale per feste, vendita di prodotti per l’infanzia; in altri casi si trasformano hobby in attività remunerativè, è il caso del piccolo artigianato (creazione di bijoux, accessori, giocattoli in legno); a volte si entra in reti di vendita piramidale con tutte le opportunità, ma anche i rischi a esse connessi… in quasi tutti i casi i social network sono considerati il principale alleato per promuovere ciò che si fa.

Crescono di pari passo con le imprese al femminile anche i corsi di formazione che aiutano le donne in questo passaggio cruciale: dai corsi più tecnici a quelli orientati al self empowerment. La qualità della formazione è da valutare, ovviamente, ma è importante vedere come si stia affermando la consapevolezza che diventare madri sviluppa competenze importanti per il lavoro e che le donne possono e debbono sfruttarle al meglio.

Il rischio maggiore che vedo in molte di queste attività è legato al fatto che se non funzionano spesso il ritorno economico risulta insufficiente, quando non in perdita, mentre se funzionano e vanno bene allora ci si rende conto che lavorare in proprio significa non avere orari. Ciononostante può valerne la pena se si è davvero convinte del proprio progetto e disposte a rischiare per realizzarlo. L’essenziale è che questa scelta di imprenditorialità sia appunto una scelta e non una necessità derivante da un’impostazione maschilista del mondo del lavoro, per il quale una donna che ha procreato diventa tout court una lavoratrice inaffidabile. Al netto di queste considerazioni, però, non si può fare a meno di rilevare come la maternità dia un coraggio e una determinazione che probabilmente nessun altro evento della vita è in grado di dare e se le aziende non sono in grado di coglierne i vantaggi, ben venga che le donne ne facciano tesoro autonomamente!