Il Cerchio magico: lavorare con i maltrattanti

Il grande, grandissimo tema della violenza sulle donne è sotto i nostri occhi ed ha assunto dimensioni quasi planetarie quando nelle scorse settimane, in seguito al disvelamento degli abusi compiuti dal produttore hollywoodiano Harvey Wienstein su molte attrici alle prime armi, ragazze e donne di tutto il mondo hanno raccontato in rete le loro esperienze di molestie e violenze subite. Un fenomeno diffusissimo in tutto il mondo e ancora troppo nascosto, troppo taciuto.

Chi si è trovato a riflettere su questo problema non ha potuto fare a meno di notare come spesso l’attenzione dei media, ma anche degli operatori, sia rivolta alle vittime anziché agli attori e appare evidente come invece occorra mettere l’accento su chi quelle violenze perpetra piuttosto che su chi le subisce, su chi molesta, piuttosto che sulle condizioni (possibilmente attenuanti) nelle quali quelle molestie si sono verificate. Per quanto sia difficile da ammettere, occorre entrare nell’ordine di idee che la prevaricazione maschile è un comportamento diffuso, non minoritario, non estremo, quotidiano, familiare, sfaccettato, sfuggente e per rispondere è necessario lavorare sugli uomini perché imparino a riconoscerlo in se stessi e perché lo superino.

A questo scopo è molto significativo che il Piano per il triennio 2017-2019 per la prevenzione e contrasto alla violenza sulle donne della Regione Piemonte, in vista di approvazione, preveda in un obiettivo specifico il sostegno e la promozione di sperimentazioni di interventi a favore degli autori di violenza. È significativo perché sposta l’obiettivo dalla semplice risposta a un’emergenza a un vero intervento educativo e rieducativo.

Gli uomini che maltrattano sono spesso persone normalissime, che semplicemente hanno imparato nel corso della loro vita che in fondo è legittimo prevaricare sugli altri, sui più deboli, che si può dare un ceffone a un figlio (e quindi perché non alla moglie), che si può umiliare, pretendere e assoggettare la volontà altrui con la forza, senza considerarsi per questo uomini violenti, abusanti. In fondo c’è una legittimazione sociale all’idea di un uomo forte che domina, anche fisicamente, la propria donna e i propri bambini. Per cambiare questo tipo di cultura occorre lavorare sull’idea di maschio, sulla capacità di entrare in relazione, su cosa sia la violenza e bisogna insistere sulla zona grigia del maltrattamento, quella che precede le lesioni gravi o addirittura gli omicidi. Perché altrimenti si arriva troppo tardi!

Ben vengano quindi tutti gli interventi a favore dei maltrattanti e speriamo che si affianchino a un lavoro culturale più ampio, da fare a partire dalle scuole, per convertire questa mentalità e offrire alle future generazioni la chance di un’interazione uomo-donna finalmente libera da condizionamenti perniciosi e dalla violenza.