”Problemi di sQuola”: Inglese per tutti! Lingua straniera e dislessia, un incontro possibile?

Stimolare la passione per la lettura in ogni caso

Buongiorno, mio figlio ha una diagnosi di dislessia e disortografia ed ha fatto un ciclo riabilitativo in un centro per questo, e presto ne farà un altro.
Tra le varie cose che mi sono state dette e in cui mi sono sempre ritrovato, c’è una nota dissonante: mi hanno spiegato che l’inglese potrebbe essere particolarmente difficile e dovrebbe avere più difficoltà degli altri a scrivere in lingua, e che addirittura potrebbe compensare totalmente la parte orale con lo scritto.
Ora io in questo non lo riconosco: ha insistito per studiare la lingua più degli altri della sua classe, con interesse e passione (ci siamo appoggiati anche a un centro privato) arrivando a sostenere un esame di inglese ( non previsto dalla scuola). Quest’estate ha provato una esperienza di vacanza studio. Gli insegnanti del centro non credevano che fosse Dsa: ottima comprensione e pronuncia, anche comprensione del testo e solo qualche errore nello scrivere, ma non molti più di altri ragazzi della stessa età…
Come è possibile? Grazie per l’attenzione.

*******

Scrivo per porre alla vostra attenzione e avere qualche ragguaglio su un problema che riguarda la mia figlia: lei detesta l’inglese. È Dsa e quindi da PdP può beneficiare di qualche aiuto, come la compensazione dello scritto con l’orale. Di fatto però è molto complicato perché anche oralmente dato il fastidio che ha per la materia (unito a un moderato astio verso l’insegnante che a suo avviso “ce l’ha con lei”) non è che brilli… Non conosce vocaboli, sembra disinteressarsi a come si dicono anche frasi banali e di uso comune per non parlare della grammatica… C’è qualcosa che si può fare per migliorare questa situazione? Devo chiedere di fare esonerare mia figlia dall’inglese?
Grazie.

Due lettere tra loro diverse che mostrano come l’approccio alla lingua straniera non dipenda dall’essere o non essere DSA. Ho conosciuto bimbi discalculici e amanti della matematica, ragazzi dislessici che leggono abitualmente e dunque non mi stupisce affatto di poter trovare bimbi con Dsa che amino le lingue straniere in generale o l’inglese in particolare.

L’entusiasmo e la molla iniziale ad apprendere qualcosa vanno di pari passo con la motivazione.
Un cartone preferito in inglese, una zia o un cugino lontano che sentiamo su Skype in inglese, esperienze di scambio culturale, canzoncine in lingua, giochi appassionanti ma privi di traduzione. Sono tante le molle che possono fare scattare l’interesse verso la lingua straniera.
L’approccio alla lingua straniera quando è positivo nasce come sempre come curiosità da appagare, conoscenza dell’altro da soddisfare, incontro. Allora le difficoltà pure esistenti legate all’apprendimento di una lingua straniera possono passare in secondo piano e permetterci di andare finalmente oltre.

Dal punto di vista dell’ortografia l’inglese è una lingua non trasparente e questo fa sì che ad un determinato suono (fonema) non corrisponda il segno grafico corrispondente e questo complica l’apprendimento della lingua se ci soffermiamo su come essa deve essere scritta. Con impegno e con una maggiore conoscenza del vocabolario (sfruttando così la via lessicale) sarà comunque possibile anche per un ragazzo con DSA migliorare anche nella scrittura. Se tale aspetto rimarrà particolarmente difficoltoso sarà comunque possibile compensarlo con l’uso del computer.

Ma la scrittura non è tutto. Parlare una lingua è molto di più: avere un lessico che ci permetta di esprimerci, prima ancora che formulare frasi perfette, padroneggiare la costruzione di una frase, avere una buona comprensione orale, lavorare sulla pronuncia… Si può dire che imparare paradigmi a memoria e scrivere perfettamente siano davvero l’ultimo dei problemi in inglese.
Quante volte ci sarà capitato di riscontrare il problema opposto? A me personalmente è capitato più volte di trovarmi nella situazione di avere buoni voti scolastici di lingua inglese e poi sentirmi impacciata nel doverlo parlare… Ecco allora che sia a casa che a scuola si può cercare di creare un ambiente che promuova l’interesse e l’utilità di questa lingua.
In Italia iniziamo generalmente a scrivere in inglese nello stesso periodo in cui iniziamo a sentire l’inglese, e a impararne le prime paroline. Questo è un problema gravissimo di fondo. O si decide di puntare a una esposizione orale profonda e non sporadica prima di passare all’inglese scritto o staremo parlando di una didattica sempre fondata su teoria, scrittura e potenzialmente ad alto rischio di sembrare una fatica inutile e dispendiosa ai nostri bambini. Straniera. Lingua estranea, strana e molto spesso dai bambini e dai ragazzi giudicata inutile.
Questo non aiuta. Una buona pratica dell’orale, a partire da canzoncine e giochi nell’età prescolare, per arrivare al giusto spazio all’espressione e alla conversazione fin dalle elementari sarà alla base di un approccio sereno successivo.
E allora anche la “compensazione dello scritto con l’orale” di cui nella seconda domanda sarà meno utopico e più realizzabile.

Tornando nello specifico alle domande….