Il Cerchio magico: Chi ha paura dell’aria aperta?

Siamo nel pieno della stagione estiva, il periodo dell’anno nel quale siamo più portati a trascorrere del tempo all’aperto e stavo riflettendo su quanto poco in Italia siamo in grado di promuovere il contatto diretto con la natura. Da ammiratrice, neanche tanto segreta, della coppia presidenziale canadese, non mi è sfuggito quanto frequentemente  Justin e Sophie Trudeau promuovano gite nei parchi, vita di campeggio, passeggiate  e pagaiate, mentre pare i nostri politici quando non sono fotografati in giacca e cravatta nei palazzi romani di solito sono paparazzati sugli yacht e mi sono chiesta se questo non sia un segno della fatica profonda che noi italiani facciamo, sempre di più, per uscire dalle nostre case.

Si parla tanto della vita sedentaria di cui soffriamo, ma mai della vita all’aria aperta di cui ci priviamo e le due cose non coincidono perché l’attività fisica possiamo esercitarla (e così è nella maggioranza dei casi) nel chiuso di una palestra, mentre stare nella natura può voler dire anche farsi un bel sonno distesi su un prato. Si tratta quindi di una difficoltà diversa da quella di muoversi e consiste nel lasciare i contesti puliti e disinfettati nei quali siamo così a nostro agio, per trovarci a contatto con ciò che non è esattamente in nostro potere determinare.

Anche i nostri bambini di città conoscono poco tutto ciò che non è piastrellato e cementificato: ho in mente bambini spaventati dall’erba dei prati, altri impauriti oltre misura dalla presenza di insetti; le nostre scuole faticano a farli uscire all’aperto per tante ragioni di ordine economico e burocratico, ma anche come famiglie spesso non creiamo queste opportunità che non costano nulla e offrono molto. Credo che il discorso che facevo all’inizio sull’esempio del primo ministro canadese non sia campato per aria: i politici  ci rappresentano e questo significa anche che dicono qualcosa di noi! E quel che raccontano con i loro tailleur e completi doppiopetto  è un’Italia ingessata, che lascia la natura a chi ha “passioni particolari” (come l’alpinismo o la vela ad esempio) e per il resto sta benissimo in città o in paesaggi completamente ridisegnati dagli uomini come gli stabilimenti balneari e le piste da sci. Non credo sia preoccupante, ma forse è triste e l’estate può essere il momento giusto per ricordarsene e fare quel che i cartoni animati preferiti di mia figlia sempre raccomandano “state all’aperto, osservate la natura e imparerete tante cose interessanti”, vale per i nostri bambini, ma anche per noi.

Paola Lazzarini