Coldiretti Piemonte: no al CETA per preservare il patrimonio agroalimentare del Piemonte

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In forze dal Piemonte in piazza Montecitorio, a Roma, insieme alla presidente regionale Coldiretti Delia Revelli e al Delegato Confederale Bruno Rivarossa, a manifestare per fermare il trattato di libero scambio con il Canada, che per la prima volta nella storia dell’Unione accorda, a livello internazionale, il via libera alle imitazioni dei nostri prodotti più tipici e spalanca le porte all’invasione di grano duro e ad ingenti quantitativi di carne a dazio zero.

L’iniziativa ha visto con Coldiretti altre organizzazioni, quali Cgil, Arci, Adusbef, Movimento Consumatori, Legambiente, Greenpeace, Slow Food International, Federconsumatori, Acli Terra e Fair Watch, che chiedono fermamente di procedere senza fretta ad una discussione approfondita in Parlamento, prima di assumere una decisione di ratifica che porterebbe ad un’indiscriminata liberalizzazione e deregolamentazione degli scambi con una vera e propria svendita del Made in Italy.

Hanno già espresso il loro sostegno, con delibera approvata in Giunta, oltre 200 comuni piemontesi e l’Assessore regionale all’Agricoltura Giorgio Ferrero presente alla manifestazione a Roma.

“In Piemonte – sottolineano Delia Revelli presidente di Coldiretti Piemonte e Bruno Rivarossa Delegato Confederale – i comparti che potranno essere maggiormente colpiti sono quello vitivinicolo, quello dei bovini da carne e dei prodotti lattiero-caseari, in particolare il Gorgonzola di cui il Piemonte ha prodotto nel 2016 40 mila tonnellate, circa il 50% della produzione nazionale. A rischio anche i prodotti Dop/Igp/Doc/Docg per cui è fondamentale che i Consorzi di Tutela intervengano per bloccare questo trattato che andrebbe a banalizzare il nostro patrimonio enogastronomico. A preoccupare, inoltre, è il fatto che nel CETA manca il riferimento alla portata vincolante del principio di precauzione che, in Europa, impone una condotta cautelativa nelle decisioni che riguardano questioni scientificamente controverse circa i possibili impatti sulla salute o sull’ambiente.

L’accordo prevede, al contrario, l’applicazione del principio di equivalenza delle misure sanitarie e fitosanitarie tra le parti, consentendo di ottenere il mutuo riconoscimento di un prodotto e, quindi, di evitare nuovi controlli nel paese in cui verrà venduto. E’ necessaria – concludono Revelli e Rivarossa – una valutazione ponderata e approfondita dell’argomento, soprattutto in considerazione della mancanza di reciprocità tra modelli produttivi Canada/Europa. Nei trattati va assolutamente riservata all’agroalimentare una specificità che tuteli la distintività delle nostre produzione fermando una escalation che mette a rischio la tutela della salute, la protezione dell’ambiente e la libertà di scelta dei consumatori”.

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