Lettere al direttore

La parola della settimana di Cesare Torta: Nel dubbio, NO

Chissà se ai matrimoni si usa ancora pronunciare il fatidico SI. Spero non sia stato sostituito dal più modaiolo “Esatto” a da un perentorio “assolutamente sì”.

Fateci caso, il sì è pressoché sparito dal linguaggio comune. Sembra si faccia fatica a rispondere in modo positivo alle domande, a dimostrare accordo, a dare ragione ogni tanto agli altri.

Tempo fa si diceva “nel dubbio non sorpassare” oggi si pratica molto di più “nel dubbio rispondi di no”. Qualche esempio. Volete modificare la costituzione ? NO. Approvate l’accordo aziendale Alitalia ? NO.

Non è proprio il momento di rincorrere il consenso del popolo alle proposte di cambiamento. Se tali proposte arrivano da chi è, o è considerato, elite di potere la risposta sarà NO. La gente è talmente delusa ed arrabbiata nei confronti di tutto ciò che puzza di potere, inteso come sistema colluso e corrotto, che risponderebbe di no anche alla domanda “Volete una riduzione delle tasse con conseguente aumento degli stipendi”? Non è difficile immaginare le ragioni dei sostenitori del “no”: Si tratta di un inganno, fingono di ridurre le tasse a tutti per poi ridurle solo ai redditi alti. Oppure: Chi già oggi è esente dalle tasse non avrebbe alcun vantaggio, anzi sarebbe penalizzato dal minor gettito fiscale che provocherebbe minori servizi. Oppure ancora: Il problema non è questo!

Viene da chiedersi dove può portare un atteggiamento di questo tipo. I cambiamenti nella società sono sempre avvenuti tramite processi lunghi e faticosi, spesso accompagnati da lotte e duri sacrifici. Nulla si è mai ottenuto, sia in termini di diritti che di riconoscimenti economici, senza una lotta politica e senza un confronto tra interessi diversi, senza una trattativa in cui entrambe le parti raggiungevano un compromesso rinunciando a una parte delle loro richieste o cedendo sull’entità delle concessioni.

Le ragioni del NO sono molte e alcune saranno anche giuste e motivate. Lo sforzo da fare è quello di individuare quelle tossiche perché dettate dal mancato riconoscimento dell’altro come interlocutore di pari dignità alla nostra. Dando per scontato che noi per primi ne siamo maggiormente dotati.