La parola della settimana di Cesare Torta: DP

Tempi duri per gli aspiranti scissionisti.

Dopo una fatica immane per trovare un nuovo marchio in grado di riflettere lo spirito profondo che dovrà sintetizzare gli obiettivi della nuova formazione politica e, soprattutto, evidenziare le differenze rispetto al partito di provenienza, si era arrivati ad un buon risultato: “Articolo 1 – Democratici e progressisti”, in breve “DP”. Vantaggi: in cabina elettorale può essere confuso con “PD”, può catturare le simpatie di qualche vecchio nostalgico che in gioventù aderiva a Democrazia Proletaria, nessun riferimento alle parole chiave dei movimenti di sinistra del secolo scorso come “Comunista” e “Socialista” per non spaventare i benpensanti.

Poi salta fuori la notizia che “Democratici e progressisti” è un marchio già registrato da esponenti del PD in Calabria. Se non si vuole innescare una battaglia legale che potrebbe durare anni occorre trovare in fretta un nuovo nome. È una parola! E quando le parole disponibili sono inferiori al numero delle idee che stavano dietro alle scissioni avvenute negli ultimi decenni si può creare una situazione paradossale: non potersi separare per mancanza di parole. A meno di ricorrere a termini appartenenti agli schieramenti dei partiti concorrenti, con il rischio di creare più confusione di quella fisiologica che segue ad ogni scissione che si rispetti.

Bisogna approvare al più presto una legge per regolamentare la nascita di nuovi partiti e le nuove formazioni che possono nascere dalla fusione o dalla scissione di partiti esistenti. Si potrebbe stabilire, ad esempio che se due partiti si uniscono debbano riportare un pezzo di nome di entrambi (Es.: Forza Italia + Lega = Forza legami”) mentre in caso di scissione si possa utilizzare solo un pezzo del nome del partito di provenienza (Es.: Partito Democratico = Partito Demo e Partito Cratico. Il vantaggio sarebbe quello di incentivare le unioni e porre un limite legale alla litigiosità interna di certi partiti. Finite le parole, finite le idee.

Una volta risolto il problema del nome e delle regole per come gestire tali nomi si potrebbe, se rimane il tempo e la volontà politica, cercare di fare una proposta concreta di come creare nuovi posti di lavoro. Una sola.