Sovraffollamento del Pronto Soccorso di Asti, per Nursind “E’ una situazione insostenibile”

Nursind (Sindacato delle Professioni Infermieristiche) periodicamente è costretto a ritornare sul problema del sovraffollamento del Pronto Soccorso di Asti. La causa principale di questa continua criticità, che ormai perdura da anni, è il blocco dell’uscita, cioè l’impossibilità di ricoverare i pazienti, dopo il completamento della fase di cura in Pronto Soccorso, nei reparti degli ospedali a causa dell’indisponibilità dei posti letto.

Questo, nonostante i due reparti di Medicina A e B abbiano la disponibilità di 42 posti letto rispettivamente, oltre a 10 posti al di fuori da Medicina A e B in tutti gli altri reparti ospedalieri. L’occupazione di tutti i posti letto è infatti ormai satura al 100% (anche nei reparti di geriatria e lungo degenza), e come testimoniato dal segretario territoriale di Nursind, Gabriele Montana: “Non esiste un giorno in cui un letto possa rimanere libero per almeno 24 ore”.

Tutto questo, come spesso avviene, si ripercuote sul reparto di Pronto Soccorso, dove la situazione è assai critica e sotto l’occhio di chiunque vi transiti. Sovraffollamento, con gente che staziona su carrozzine, sedie e barelle all’interno del reparto astigiano di prima emergenza sono ormai situazioni all’ordine del giorno.

Per Nursind Asti però, i principali punti critici che hanno portato alla crescita del fenomeno del sovraffollamento del Pronto Soccorso, sono da individuare in 5 diversi fattori:    
    •     la riduzione di posti letto per acuti, (passata in dieci anni dal 5/1000 al 3/1000 abitanti);
    •     l’aumento della vita media e dei grandi anziani over 75 anni con bisogni socio-sanitari;
    •     l’aumento delle malattie croniche respiratorie, cardiovascolari, metaboliche e neoplastiche;
    •     una inadeguata rete di assistenza domiciliare socio –sanitaria;
    •     una insufficiente presenza di strutture integrate, ambulatoriali sul territorio, in grado di rispondere ai bisogni dei cittadini in alternativa al ricorso ospedaliero delle cure.

Per Nursind, una possibile soluzione del sovraffollamento potrebbe essere quella di creare un sistema che vada a gestire le cronicità a domicilio, in modo da non farle divenire poi acuzie che inevitabilmente andranno gestite all’interno del Pronto Soccorso. Un’ipotesi potrebbe essere la valorizzazione e l’istituzione dell’Infermiere di famiglia o di comunità. La figura dell’Infermiere di famiglia o di comunità è una figura di raccordo con la struttura ospedaliera, col medico di medicina generale, il medico specialista, il fisioterapista e il distretto socio sanitario.

Come nella struttura ospedaliera l’infermiere si occupa di rilevare, registrare e comunicare i parametri clinici, effettuare la somministrazione dei farmaci, attuare la prevenzione delle infezioni e delle complicanze delle procedure (per es. fleboclisi…), dell’allettamento (piaghe da decubito…) della gestione dei presidi (cateteri venosi e urinari…), di informare sui corretti stili di vita e sui comportamenti, così tale professionalità può essere espressa a domicilio dell’assistito o in un ambulatorio.