Tutti i film di Passepartout 2016

La tredicesima edizione del festival Passepartout, in programma dal 4 al 12 giugno ad Asti, con l’organizzazione della Biblioteca Astense Giorgio Faletti, dedicherà uno spazio importante al cinema, con una speciale rassegna incentrata sul tema della creazione del consenso attraverso meccanismi di massa.

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Le pellicole scelte in collaborazione con il Circolo Cinematografico Sciarada permettono di integrare le tematiche affrontate durante gli incontri “di parola” in cartellone con ulteriori spunti di riflessione e con discorsi più specificatamente cinematografici: la trasformazione dei mezzi di produzione, la propaganda atomica negli anni ’50, la coercizione parareligiosa, l’esaltazione della razza, il potere surrettizio del mezzo televisivo e la costruzione di opposte campagne elettorali.

Inoltre la selezione spazia attraverso tutta la storia del cinema: si parte dal 1936 con “Tempi moderni” di Charlie Chaplin fino a giungere al recentissimo “Il ponte delle spie” di Steven Spielberg, tra i premiati all’ultima notte degli Oscar dove ha vinto il riconoscimento per il Miglior attore non protagonista.

Le proiezioni si terranno ogni sera al termine degli incontri di Passepartout (indicativamente alle 22.30) nella ex sede della Biblioteca Astense, a Palazzo Alfieri. Questo il programma:

Sabato 4 giugno “Tempi moderni” di Charlie Chaplin

Charlot lavora in una fabbrica i cui ritmi disumani lo conducono al ricovero in manicomio. Quando esce si trova coinvolto in una manifestazione sindacale e viene arrestato. Dopo aver sventato un’evasione ritorna in libertà e salva una ragazza di strada dall’arresto innamorandosi di lei. La loro vita non sarà facile ma la speranza in un futuro migliore non verrà a mancare.
Chaplin, nonostante l’avvento del sonoro, rimane legato ai tempi e ai ritmi del cinema muto e anche in questo caso si affida all’audio per l’indimenticabile colonna sonora musicale e per i suoni e i rumori ma evita il più possibile le parole (e quando ne fa uso le assemblea con effetti surreali). In un’intervista rilasciata al “New York World” nel febbraio 1931 aveva affermato: “I macchinari che consentono di risparmiare manodopera ed altre invenzioni moderne non sono stati fatti per ricavare profitto ma per assistere l’umanità nella ricerca della felicità. La speranza per il futuro dipende da cambiamenti radicali per far fronte a questa situazione. I benestanti non vogliono che la situazione presente cambi. Non è certo questo il modo di impedire che si affermino idee bolsceviche o comuniste”. Cinque anni dopo la luce dei proiettori si accendeva su un operaio vittima dell’automatizzazione e su quel gregge di pecore che si sovrapponeva alle masse.
La catena di montaggio, gli scioperi, la povertà che colpiva chi, in seguito alla Grande Depressione, era finito ai margini del sistema produttivo, tutto questo e molto di più entrava a far parte di uno dei capolavori della storia del cinema. Charlot sta dalla parte degli ultimi sempre, anche quando fa la guardia notturna, e ciò gli procurò accuse di comunismo che ebbero le loro conseguenze anni dopo quando, ai tempi del maccartismo, fu costretto a lasciare gli Stati Uniti. Questo è anche l’ultimo film in cui compare il personaggio di Charlot.

Domenica 5 giugno: “Vincere!” di Marco Bellocchio

Siamo agli inizi del secolo e un giovane socialista rivoluzionario incontra casualmente una donna passionale come lui, Ida Dalser. Quel giovane si chiama Benito Mussolini. Lei lo seguirà nella sua azione politica, assecondandone i cambiamenti di rotta e giungendo fino a spogliarsi di tutto per consentirgli di fondare il proprio giornale, «Il Popolo d’Italia». Gli darà anche un figlio che verrà chiamato Benito Albino e sarà riconosciuto dal padre. Ida però dovrà scoprire che il suo matrimonio, avvenuto in chiesa, ha molto meno valore di quello che Mussolini ha contratto civilmente con Rachele Guidi da cui ha avuto la figlia Edda. L’ascesa dell’uomo politico è inarrestabile così come la sua decisione di escludere dalla propria vita sia Ida che il bambino. La donna cercherà di autoconvincersi che si tratti solo di una messa alla prova che non potrà che risolversi in senso positivo. Invece significherà per lei e suo figlio la morte in ospedale psichiatrico circondati da una cortina di oblio. Marco Bellocchio affronta una pagina di storia italiana misconosciuta. La notizia era apparsa negli anni Cinquanta su «La Settimana INCOM Illustrata» ma pochi vi avevano prestato credito perchè in quell’epoca i falsi memoriali su malefatte degli esponenti del fascismo inondavano le redazioni.

Lunedì 6 giugno: “The atomic cafè” di Kevin Rafferty e Jayne Loader

Si tratta di un montaggio di una serie di filmati degli anni quaranta, cinquanta e sessanta nei quali si evidenzia la capacità del governo americano, attraverso l’utilizzo dei mezzi di comunicazione di massa, di indottrinare o comunque influenzare l’opinione comune della popolazione sul delicato tema della guerra nucleare.

Martedì 7 giugno: “Olimpia” di Leni Riefenstahl

Il film, primo documentario mai girato su un’Olimpiade, è diviso in due parti: Olimpia – Festa di popoli (in tedesco Olimpia: Fest der Völker) e Olimpia – Festa di bellezza (Olimpia Fest der Schönheit). Nel documentario furono utilizzate molte tecniche cinematografiche innovative per l’epoca che successivamente sarebbero diventate standard del cinema: dalle novità sugli angoli delle inquadrature ai primi piani estremi, ai binari nello stadio per fotografare la folla. La tecnica utilizzata è unanimemente ammirata dai critici, anche se sul film sono sorte ovvie controversie per quanto riguarda il contenuto politico. Il documentario, commissionato dal Comitato Olimpico Internazionale, segue passo dopo passo le Olimpiadi che si tennero a Berlino dal 1 al 16 agosto del 1936. Tutte le gare vengono seguite: dalla cerimonia della torcia venuta dalla Grecia alle gare ginniche. Fra i frammenti ripresi dalla Riefenstahl immagini di massa del pubblico e delle personalità che hanno preso parte all’evento sportivo (per citarne un paio Hitler che apre ufficialmente i giochi e Umberto II di Savoia che saluta la squadra italiana). La natura propagandistica del documentario traspare dal film. Il nodo è definire se questo sia un film voluto dal Terzo Reich per esaltare il regime, come da molti viene considerato il film precedente di Leni Riefenstahl, Il trionfo della volontà. In realtà, i Giochi olimpici del 1936 sono stati definiti le “Olimpiadi di Hitler”, e senza dubbio il regime nazista sfruttò la manifestazione per magnificare il Terzo Reich, e da questo punto di vista qualsiasi film che documentasse accuratamente l’evento potrebbe essere considerato propagandistico, una tesi questa sostenuta dalla maggioranza dei critici cinematografici.

Mercoledì 8 giugno: “Il figlio dell’altra” di Lorraine Levy

Joseph Silberg è un ragazzo israeliano che vive spensierato i suoi pochi anni e il suo sogno di scrivere canzoni, da cui lo separa il servizio di leva obbligatoria nell’esercito. Figlio di un’ufficiale e di una dottoressa che lo amano incondizionatamente, scopre durante la visita militare che il suo gruppo sanguigno non è compatibile con quello dei genitori. Scambiato diciotto anni prima con Yacine Al Bezaaz, palestinese dei territori occupati della Cisgiordania, Joseph è sconvolto e confuso. La rivelazione getta nel caos le rispettive famiglie che provano a incontrarsi e accorciare le distanze culturali. Ma le ‘questioni politiche’ hanno la meglio sul buon senso e sui padri, che finiscono per rinfacciarsi in salotto il dolore dei rispettivi popoli. Privilegiando un equilibrio (anche estetico) politicamente corretto, Il figlio dell’altra sceglie la forma del dramma familiare per raccontare la questione israelo-palestinese. Diretto da Lorraine Lévy, francese di origine ebraica, è un film di soglie e di confini, che riflette sulla stratificazione complessa dei rancori accumulati dalla Storia. Scambiando letteralmente le esistenze di due bambini, la regista produce l’occasione, per occupati e occupanti, di osservare, vedere e magari anche capire l’altro, uscendo dal cul de sac in cui il mondo pare essersi infilato. Ebreo cresciuto da palestinesi Yacine, palestinese cresciuto da israeliani Joseph, i due giovani protagonisti vivono al di là e al di qua di un confine odioso, alimentato dalla paranoia e dai pregiudizi che ogni divisione, muro o recinto porta con sé.

Giovedì 9 giugno: “Going clear– Scientology e la prigione della fede” di Alex Gibney

Un’inchiesta su origini, metodi e fini di Scientology, la chiesa fondata nel 1954 da Ron Hubbard.
Basata sulle testimonianze di otto fedeli, oggi fuoriusciti, tra cui il regista Paul Haggis, che vinse l’Oscar nel 2006 con Crash. Lo scrittore e sceneggiatore Lawrence Wright lo intervista per il “New Yorker” sui motivi del suo allontanamento dal culto (tra i quali la discriminazione di genere: due delle figlie di Haggis sono omosessuali). Da quell’incontro nasce il libro inchiesta Going Clear – Scientology, Hollywood and the Prison of Belief, pubblicato nel 2013. Testo al quale il documentarista Alex Gibney, attratto da temi ad alto rischio (Taxi to the dark side, Mea Maxima Culpa, The Armstrong Lie), ispira il suo film omonimo, selezionato dal Sundance Festival nel 2015 e trasmesso da HBO negli Stati Uniti. Un film ricco d’informazioni, che a una ricostruzione delle origini di Scientology alterna le testimonianze di altri sette (oltre a Haggis) scientologist di lungo corso, tutti fuoriusciti.

Venerdì 10 giugno: “Quinto potere” di Sidney Lumet

Howard è un commentatore televisivo con un larghissimo seguito. Il suo indice di gradimento però scende e i capi decidono di licenziarlo. Howard allora dichiara davanti alle telecamere che si ucciderà. Da quel momento ha un successo strepitoso (specie da quando, credendosi direttamente in contatto con Dio, diventa una sorta di profeta trascinatore). Quando il suo indice riprende a scendere, Howard viene ucciso nello studio da un terrorista nero (tutto è organizzato, naturalmente).

Nelle pieghe dell’intreccio si muovono i tradizionali personaggi di una grande organizzazione: l’amministratore arrivista, la “creativa” fanatica (fa l’amore bisbigliando indici di gradimento) e il direttore di buon senso. Il tutto in un’atmosfera supernevrotica. Il film ha preso lo spunto da un fatto vero: una donna si era suicidata davanti alla telecamera prima che i tecnici potessero fermarla. Peter Finch e Faye Dunaway hanno ottenuto l’Oscar nel 1977.

Sabato 11 giugno: “Il ponte delle spie” di Steven Spielberg

Brooklyn, 1957. Rudolf Abel, pittore di ritratti e di paesaggi, viene arrestato con l’accusa di essere una spia sovietica. La democrazia impone che venga processato, nonostante il regime di guerra fredda ne faccia un nemico certo e terribile. Dovrà essere una processo breve, per ribadire i principi costituzionali americani, e la scelta dell’avvocato cade su James B. Donovan, che fino a quel momento si è occupato di assicurazioni. Mentre Donovan prende sul serio la difesa di Abel, attirandosi l’incomprensione se non il disprezzo di sua moglie, del giudice e dell’opinione pubblica intera, un aereo spia americano viene abbattuto dai sovietici e il tenente Francis Gary Powers viene fatto prigioniero in Russia. Si profila la possibilità di uno scambio e la CIA incarica Donovan stesso di gestire il delicatissimo negoziato. In un’epoca come la nostra, di sospetti quotidiani, intercettazioni isteriche, identificazioni affrettate di un uomo col suo credo, il suo abito o la sua provenienza, Il ponte delle spie è un film di bruciante attualità, profondamente consapevole della dignità della professione artistica e della sua funzione sociale.

Domenica 12 giugno “No – i giorni dell’arcobaleno” di Pablo Larrain 1988.

Il dittatore cileno Augusto Pinochet è costretto a cedere alle pressioni internazionali e a sottoporre a referendum popolare il proprio incarico di Presidente (ottenuto grazie al colpo di stato contro il governo democraticamente eletto e guidato da Salvador Allende). I cileni debbono decidere se affidargli o meno altri 8 anni di potere. Per la prima volta da anni anche i partiti di opposizione hanno accesso quotidiano al mezzo televisivo in uno spazio della durata di 15 minuti.
Pur nella convinzione di avere scarse probabilità di successo il fronte del NO si mobilita e affida la campagna a un giovane pubblicitario anticonformista: René Saavedra.

L’ingresso alle proiezioni è libero e gratutito fino a esaurimento dei posti disponibili.

Il programma completo del festival è disponibile su www.passepartoutfestival.it

Il Circolo Cinematografico Sciarada si occupa dell’organizzazione di eventi culturali in ambito cinematografico tra i quali Asti Film Festival, appuntamento giunto alla sesta edizione (che si terrà dal 14 al 17 dicembre 2016) con tre sezioni in concorso dedicate ai documentari, ai cortometraggi e ai lungometraggi “opere prime”. Il Festival, riconosciuto a livello nazionale, fornisce l’occasione per incontrare i protagonisti del cinema italiano. Ogni anno, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Asti, viene assegnato il Premio Città di Asti, massima onorificenza cittadina, ad un personaggio che si è distinto per la sua attività cinematografica. Giuseppe Battiston, Ennio Fantastichini, Marco Bellocchio, Milena Vukotic, Giuliana De Sio e Anna Bonaiuto sono gli artisti che hanno ottenuto il riconoscimento nelle passate edizioni.

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