Vigna aperta: un tavolo di discussione a cielo aperto con la Cia per capire cosa c’è dietro una bottiglia di vino

Un tecnico, un enologo e un giovane viticoltore.

Questi i protagonisti di “Vigna aperta. All’origine del vino”, conferenza stampa a cielo aperto organizzata, venerdì scorso 11 settembre, dalla Confederazione italiana agricoltori di Asti nel vigneto dei Poderi Rosso Giovanni, situati in una delle zone più vocate per la coltivazione della barbera: le colline che stanno tra Agliano Terme e Costigliole d’Asti.

L’obiettivo dell’incontro con gli organi di stampa è stato verificare lo stato di salute delle uve barbere al’imminenza della vendemmia 2015, prendere coscienza del senso e del modo di lavoro di un vignaiolo di collina, avere presenti quali probemi comporta la corretta gestione del vigneto e la ricerca della qualità.

«In questo periodo non si fa altro che parlare di caporalato e lotta al lavoro nero e si parla poco di vendemmia – ha voluto evidenziare Alessandro Durando, presidente Cia – Si parla di vino, della qualità del vino, ma si dimentica cosa c’è dietro la bottiglia: progetti, sacrifici, persone che lavorano con dedizione e spesso con difficoltà. La barbera è un vitigno importante di cui si conosce ancora poco e che va valorizzato creando un progetto di qualità che si rivolga ai consumatori».

Gli fa eco Lionello Rosso, 36enne proprietario dell’azienda Poderi Rosso Giovanni, viticoltore dal 1999. «Per riuscire a fare questo lavoro bisogna puntare sul territorio e sulla sua tipicità, ma nello stesso tempo essere a passo con i tempi, saper innovare e capire il mercato». Ed è così che la maggior parte delle sue 45.000 bottiglie imbottigliate all’anno trova acquirenti nel mercato estero.

Dettagliato e preciso l’intervento di Elsa Save, agronoma Cia. «Per avere un vino di qualità bisogna avere da un lato un territorio vocato e giusti presupposti naturali, dall’altro elevati saperi agronomici». Bisogna saper potare, regolare la carica produttiva e la concimatura se necessaria, avere conoscenze fito-sanitarie per combattere i parassiti.

«Chi rimane in campagna non lo fa perché non è in grado di fare altro, anzi deve essere molto accorto, preparato e documentato. Deve avere capacità imprenditoriali per trovare i giusti mercati e tecniche per gestire al meglio il vigneto e affronatre le difficoltà. Anche perché quella agricola è l’unica azienda a cielo aperto che deve mettere in conto fattori insondabili che non si possono prevedere o evitare, la scottatura da sole, la grandinata tardiva ecc.»

Arrivare ad un prodoto di qualità non è quindi scontato o semplice. Di questo avviso anche l’enologo Giuliano Noè, “padre” di alcune tra le più celebri barbere oggi in commercio: «Puntare sulla barbera si deve e si può. Ma per far questo è necessario che il vino barbera diventi un prodotto identificabile con precise caratterisiche. Quando si parla di Piemonte Barbera non si sa cosa sia. Il successo di un prodotto è data dalla immediata identificabilità in commercio. Un prodotto vale quando è riconoscibile. Bisogna quindi puntare su un vino base di qualità. Per fare questo bisogna avere il coraggio di trovarsi intorno ad un tavolo, agricoltori, tecnici, enologi, e decidere dove si vuole andare prendendo anche in mano i disciplinari che regolano la produzione del vino e cambiare, se necessario, le normative».

E poi puntare sulla comunicazione. Perché senza consumatori informati non possono esistere vignaioli e aziende. Di questo è ben consapevole la Cia astigiana: quello di venerdì scorso è stato solo un inizio di discussione, ma la volontà è organizzare per il prossimo anno un tour tra i vigneti per capire le difficoltà e cercare le soluzioni.

E mentre è imminente la vendemmia della barbera, dai grappoli che si vedono nei filari ci si può aspettare una grande annata 2015.

Silvia Musso