La situazione delle carceri in Piemonte: la relazione del Garante regionale per i detenuti

“Quello del carcere, in Piemonte, è un ‘pianeta’ complesso e in continua evoluzione”.

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Lo ha affermato, nella seduta del 14 aprile, il Garante regionale per i detenuti Bruno Mellano introducendo in Aula la relazione sulla propria attività.

“Grazie ai provvedimenti normativi e organizzativi adottati in seguito alla sentenza Torreggiani della Corte europea dei diritti dell’uomo – ha dichiarato Mellano – si è passati a un progressivo decremento dei detenuti all’interno delle carceri piemontesi, che da oltre 5.000 sono oggi poco più di 3.500. Occorre però tener presente che le criticità e illegalità del sistema penitenziario non sono attribuibili in via esclusiva ai problemi di sovraffollamento ma riguardano soprattutto l’efficacia del periodo di detenzione rispetto all’obbiettivo individuale e collettivo della pena”.

“Dalle statistiche, inoltre – ha proseguito il Garante – si evince come siano aumentate di molto le persone in esecuzione penale esterna, che in Piemonte sono circa 2.700. Pare quindi giunto il momento di approfittare di un’opportunità impensabile fino a qualche anno fa per rilanciare e approfondire una collaborazione istituzionale e sociale mirata a rendere la pena detentiva utile ed efficace”.

A poco meno di un anno dal proprio insediamento, avvenuto il 12 maggio scorso, il Garante regionale ha visitato complessivamente una settantina di volta i tredici istituti penitenziari per adulti del Piemonte, il carcere minorile e il Centro di identificazione ed espulsione di Torino, promosso incontri e siglato due protocolli d’intesa per il recupero e il reinserimento dei detenuti, specialmente tossicodipendenti, e per favorire l’esercizio del diritto allo studio e il reinserimento sociale e occupazionale dei reclusi.

“Tra le emergenze da affrontare – ha concluso Mellano – spicca quella del lavoro per abbattere il rischio di recidiva: è dimostrato che su dieci detenuti che hanno avuto occasione di sviluppare e arricchire la propria professionalità e di abituarsi agli orari e ai ritmi di lavoro, solo tre hanno fatto ritorno in carcere. Da quando i fondi dell’Ufficio ammende non sono più impiegati per finanziare progetti lavorativi, è purtroppo diminuito sensibilmente il numero di detenuti che può accedere al lavoro. Urge trovare nuove forme e nuove risorse per non perdere un’occasione tanto importante per il reinserimento lavorativo dei detenuti”.

Nel dibattito, al termine della relazione, sono intervenuti i consiglieri Stefania Batzella, Gian Paolo Andrissi (M5S), Domenico Rossi (Pd) e Marco Grimaldi (Sel).

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