Coldiretti Piemonte: ”Preoccupazione per l’aumento dell’import di vino straniero”

E’ aumentato del 46%, a livello nazionale, l’import di vino straniero e 228 milioni di chili arriva sfuso in cisterne delle quali non si conosce la destinazione. 

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“Non sono certo dati che ci rendono tranquilli quelli emersi dall’analisi Istat che Coldiretti ha presentato a Vinitaly – commenta Delia Revelli presidente di Coldiretti Piemonte – Per quanto riguarda la nostra regione, a preoccuparci sono le aziende che importano vini a basso prezzo per poi spumantizzarli e chi, in generale, lavora prodotti vitivinicoli di scarsa qualità e di cui non si conosce l’origine per poi spacciarli come Made in Italy. Per questo Coldiretti Piemonte ha rimarcato più volte il pericolo che si nasconde dietro alla mancanza di trasparenza nell’importazione agroalimentare”.

Il vino straniero proviene soprattutto dalla penisola iberica, 154 milioni di chili, e dagli Usa, da dove sono sbarcati 47 milioni di chili. Arrivando sfuso, per lo più, il rischio è che venga, poi, imbottigliato in Italia e senza un’adeguata tracciabilità finisca in commercio a danno dei produttori nazionali, oltre che dei consumatori.

“Abbiamo la necessità di dare risposte positive ai nostri viticoltori, invece questi dati aumentano il timore che le produzioni d’eccellenza, numerose in Piemonte, vengano inquinate da vino estero di bassa qualità. Purtroppo, la norma che regola l’etichettatura dello spumante consente alle imprese di acquistare vino oltre i confini italiani, di spumantizzarlo in Italia e di poter comunque apporre alla bottiglia l’etichetta Made in Italy. Noi ci battiamo affinché questo non avvenga più: è fondamentale evitare frodi ed inganni nei confronti del consumatore che ha il diritto di conoscere, tramite l’origine in etichetta, la provenienza di quanto sta bevendo, tutelando lo sforzo produttivo dei nostri viticoltori”, commenta Antonio De Concilio direttore di Coldiretti Piemonte.

Fino ad ora, una complessa normativa doganale ha impedito l’accessibilità ai dati sulle importazioni per ragioni legate alla riservatezza, ma in questo momento difficile per l’economia, conclude De Concilio “Dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza e bloccare la secretazione dei flussi commerciali. Occorre, quindi, rendere pubblici i nomi delle aziende che importano vino sfuso per consentire ai consumatori piena libertà di scelta ed evitare la messa in commercio di prodotti non autenticamente italiani”.

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