Asti, evasa Iva per oltre 80 milioni: quattro arresti da parte della Guardia di Finanza

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E’ stata scoperta dalla Guardia di Finanza di Asti una maxi frode all’Iva, perpetrata attraverso lo schema della “frode carosello”, nel settore della commercializzazione dei carburanti.

Complesse indagini di polizia giudiziaria, eseguite da personale del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Asti e da funzionari dell’Agenzia delle Dogane della Direzione Interregionale per la Liguria, il Piemonte e Valle d’Aosta, hanno consentito la ricostruzione delle transazioni che hanno portato all’individuazione di un giro di fatture per operazioni inesistenti per complessivi € 365 milioni attraverso cui è stata evasa IVA per oltre 80 milioni.

Nelle prime ore di oggi, militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Asti hanno eseguito 4 ordinanze di applicazione degli arresti domiciliari, emesse dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Asti nei confronti di altrettanti soggetti astigiani, indagati per associazione per delinquere finalizzata alla commissione di frodi fiscali.

Contestualmente è in corso di esecuzione il sequestro preventivo di oltre 26 milioni di Euro disposto dallo stesso G.I.P. su conti correnti, quote societarie, beni mobili ed immobili riconducibili agli indagati ed alle società coinvolte nell’associazione.

L’operazione denominata “UNDER PLATTS” svolta sotto la direzione della Procura della Repubblica di Asti ha rivelato che, per oltre 300 milioni di litri di carburante proveniente da Croazia e Slovenia, è stato abbassato artificiosamente il prezzo finale “alla pompa” inserendo nel ciclo di fatturazione società “cartiere”, amministrate da prestanomi nullatenenti, con il fine predeterminato di omettere sistematicamente il versamento dell’IVA dovuta all’Erario attraverso diversi meccanismi.

Anche per i carburanti esiste una quotazione di riferimento, il “platts”, che esprime il prezzo dei vari combustibili per autotrazione basato sull’incontro domanda/offerta in un determinato giorno e per una determinata area. Pertanto normalmente le operazioni commerciali avvengono offrendo combustibili con un “prezzo platts” cui si sommano oneri vari di distribuzione.

Le commercializzazioni oggetto d’indagini sono avvenute sempre ad un valore sotto la quotazione giornaliera, grazie alla frode posta in essere, che ha consentito di inserire sul mercato ingenti volumi di carburante “fiscalmente inquinato”. In particolare, con un primo sistema di frode, sfruttando la normativa vigente in caso di acquisti di beni in ambito comunitario, per cui l’IVA viene applicata nel Paese di destinazione, nell’acquisto di carburante da raffinerie dislocate in Slovenia e Croazia, sono state interposte società/ditte fittizie con sede in Italia, le quali ricevevano fattura dall’operatore comunitario senza l’applicazione dell’IVA.

Così, mentre il carburante transitava dall’Est Europa in un deposito fiscale italiano, in attesa di giungere ai reali destinatari finali, le società interposte emettevano false fatture di vendita ad un prezzo inferiore rispetto a quello di acquisto dalla raffineria con l’applicazione dell’IVA.

Nei successivi passaggi, grazie a un prezzo di vendita che può essere più basso di quello normale di mercato, il prodotto giungeva regolarmente alle pompe di benzina che riuscivano così a praticare prezzi più convenienti rispetto alla concorrenza, con conseguente distorsione del mercato e notevole danno per gli altri operatori del settore. Contestualmente le società fittizie aumentavano il loro debito IVA nei confronti dello Stato, senza mai assolverlo.

Per ostacolare il disvelamento del meccanismo fraudolento, il prodotto così introdotto sul territorio nazionale, veniva prelevato dal deposito fiscale in tutta regolarità, con il pagamento dell’accisa e la predisposizione della documentazione di trasporto per le autocisterne: allo stesso modo, venivano regolarmente effettuati i pagamenti in corrispondenza dei vari
passaggi del prodotto.

Con altro schema di frode, per rendere più complessa la ricostruzione dei fatti illeciti, le società fittizie, grazie alla falsa qualifica di “esportatore abituale” che ottengono con la presentazione di dichiarazioni IVA riportanti dati totalmente inventati, procedevano all’acquisto di carburante da fornitori italiani attestando l’inesistente qualifica e presentando
false “dichiarazioni di intento” in modo da traslare su se stesse un debito IVA che non sarà mai assolto.

La ricostruzione delle operazione è stata resa ancor più complessa dalla circostanza che alcune società fittizie inserite nello schema fraudolento, sostituite sistematicamente e frequentemente da altre similari, procedevano alla distruzione di tutta la documentazione fiscale.

Allo stato 18 sono le imprese fittizie coinvolte, mentre 36 sono le persone complessivamente indagate.

Si ritiene opportuno evidenziare che chi utilizza fatture false e articolati sistemi di frode fiscale non è un contribuente in difficoltà, ma un vero e proprio criminale economico che sottrae risorse importantissime per lo sviluppo del Paese e la ripresa del processo di crescita economica, alterando le regole del mercato e danneggiando i cittadini e gli imprenditori
onesti, alla cui tutela è tesa l’azione della Guardia di Finanza.

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