Lettere al direttore

Le piccole gentilezze quotidiane al Cardinal Massaia, perchè “In Italia non si vive di sola malasanità!”

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo.


Vi racconto la mia storia, non perché io sia diversa da tante altre donne a cui hanno diagnosticato un tumore, ma per far sapere che in Italia non si vive di sola malasanità!

A giugno, all’Ospedale cardinal Massaia di Asti, durante un controllo ecografico, mi hanno diagnosticato un carcinoma alle ovaie al terzo stadio, una notizia sconvolgente, che mi ha lasciata inebetita per almeno mezz’ora, ero così sconvolta che, cercavo di uscire dal parcheggio dell’ospedale e non trovavo la strada; strano il nostro cervello. La radiologa ha chiamato immediatamente il reparto di ginecologia per avvisare che c’era un’urgenza, mi ha detto che mi avrebbero chiamato nel giro di pochi giorni e mi ha consegnato il referto dicendomi: “mi dispiace, signora, in bocca al lupo”!

Il giorno successivo mi chiamano per il pre-ricovero, e così entro nel mondo dei malati di cancro. Ed è da qui che voglio raccontare tutte le piccole gentilezze che il personale ospedaliero e i volontari hanno fatto per me.

Vengo ricoverata il 30 luglio, finisco sotto i ferri il primo di agosto, quasi sei ore di operazione, non è stato facile, il reparto di ginecologia funziona benissimo, organizzato alla perfezione da una donna, la caposala, che sembra nata per fare questo lavoro; è una donna alta e risoluta, dolce e decisa nello stesso tempo, sentivo la sua voce risuonare nel reparto nel totale silenzio di infermiere e personale oss. 15 giorni di ricovero, e fra questi, il 5 agosto, il giorno del mio compleanno, e così un’altra gentilezza, alla sera di quel giorno, arrivano le studentesse di scienze infermieristiche col vassoio dell’eparina in mano e il coro “tanti auguri a te”. Ci scusi signora, mi dicono, ma abbiamo solo questo regalino per lei!

Quando mi dimettono, la caposala mi riceve nel suo studio e mi dice:”mi raccomando ci faccia sapere come sta, venga a trovarci ogni tanto”. Ed eccola qui un’altra gentilezza, così ogni tanto salgo al terzo piano, vado in ginecologia, mi affaccio alla porta e dico loro come sto; è una bella sensazione, ti fa sentire accudita e considerata.

Torno a casa e dopo una decina di giorni mi chiamano dall’oncologia, già quando senti la parola”oncologia” ti si blocca lo stomaco, se poi sai che è per te tutto diventa difficile. Dall’altra parte del telefono, c’è la caposala, mi dice, signora venga da noi in reparto domani pomeriggio che un’infermiera le farà visitare il reparto e le spiegherà cosa succederà.

La scritta fuori dal reparto mette ansia, “ONCOLOGIA” entro e trovo questa donna, gentile, con una voce rassicurante che mi porta in giro e cerca di tranquillizzarmi, e direi che un po’ ci è pure riuscita. Abbiamo tutti l’immagine della chemioterapia come un momento orribile, con persone che stanno malissimo, in realtà non è così, il difficile arriva un paio di giorni dopo.

Alla prima chemio, arrivo in reparto, l’ansia a mille, ci sono dei divanetti nella sala d’attesa e quadri coloratissimi alle pareti. Non è un ambiente che fa paura, ma io avevo paura lo stesso. Lì incontro “le signore delle caramelle” come le chiamo io, sono donne di un’associazione di volontari, che ti chiedono se vuoi del the, del caffè, dei biscotti, e poi arrivano con le caramelle, eh sì le caramelle ti fan tornare bambina e ti fan sentire protetta, donne gentili, che ascoltano tutti e cercano di renderti l’attesa più dolce, anche con le caramelle! Gli uomini dell’associazione, invece, guidano i pulmini, e ti vengono a prendere a casa quando fai le cure, o degli esami, un servizio comodissimo e gratuito, sono sempre gentili, anche perché noi malati oncologici siamo un po’ difficili e molto esigenti.

Il mio oncologo, è un uomo con un viso aperto, una bella stretta di mano e una voce che ti fa sentire al sicuro. Dopo la terza chemio, dovevo fare l’esame di karate, così ho chiesto al dottore se potevo prendere delle vitamine per aiutarmi, non avevo una buona energia, lui mi guarda e dice :”non servirebbero a niente”, poi scrive, scrive, scrive sul suo pc, alza gli occhi e mi dice :”una cosa però posso farla per lei, le ho abbassato la quantità di farmaci della prossima chemio, così avrà quel poco di forza in più che le serve”, ed eccola qui, l’ennesima gentilezza.

La scorsa settimana, sono stata sottoposta ad un piccolo intervento ambulatoriale per rimuovere del tessuto cicatriziale, nell’ambulatorio di colposcopia, e anche lì ho trovato gentilezza e attenzione; l’infermiera, ogni tanto veniva vicino a me, mi accarezzava la testa e metteva la sua mano sulla mia chiedendomi, tutto bene signora? Non potevo far altro che sorriderle e dirle, sì tutto bene, grazie!

Il 2 febbraio farò l’ultima chemioterapia, mi sembrava così lontana sei mesi fa, ora è arrivata, non vedo l’ora di chiudere questa brutta storia alle spalle, ma porterò con me tutte le piccole e grandi gentilezze che ho incontrato, in questo piccolo ospedale di una piccola città di provincia piemontese. L’Italia è anche questa, nonsolomalasanità

Lettera firmata

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