Lettere al direttore

Reddito di inclusione: “prima o poi i poveri impugneranno i forconi”

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Riceviamo e pubblichiamo una lettera sul REI il Reddito di Inclusione (QUI per saperne di più).

Mi stupisce la totale sospensione di giudizio sulla reale efficacia sociale del REI dimostrata dall’ex assessore Piero Vercelli che sembra sostenere il provvedimento.

Dunque, vediamo un po’. I beneficiari saranno 400 mila famiglie di “poveri assoluti” (circa il 30 % del totale), con un Ise inferiore a 6 mila euro, sprovviste di qualunque mezzo di locomozione a motore, senza beni immobiliari, esclusa la casa di abitazione, di valore superiore a 20 mila euro, che non abbiano percepito un assegno di disoccupazione.

Oltre questi criteri di accesso al provvedimento, costituiscono criteri di selezione: la presenza nel nucleo familiare di
persone con disabilità grave, donne in gravidanza, ultra 55enni disoccupati e minori. Difficile non cogliere in questi criteri, il fantasma della guerra tra poveri.

Ma vediamo meglio le cifre. I “poveri relativi”, quelli che quando sono in due, hanno una spesa media inferiore a quella media procapite, sono 8,5 milioni. Loro devono cavarsela da soli. I “poveri assoluti” sono 4,7 milioni. La minoranza di questi ultimi, selezionata dal provvedimento in questione, riceverà il reddito di inclusione in queste proporzioni: 485,41 euro al mese (per una famiglia di 5 o più individui); 382 euro (per quattro); 294 (tre); 260 (due); 187 (uno). Questa opulenza di Stato avrà la durata di un anno, nel senso che nell’anno seguente dovrà essere rifinanziata, commissione europea permettendo. Inoltre, potrà essere goduta esclusivamente ad una condizione: l’accettazione di una offerta di lavoro.

Tale condizione sembra annunciare la fuoruscita, anche se temporanea, da un avvilente e deresponsabilizzante rapporto filantropico. Ma non sarà assolutamente così. Il buon lavoro, quello che garantisce un reddito, rimarrà un miraggio. Come sono stati un miraggio, per la stragrande maggioranza delle persone o nuclei familiari selezionati, i cosiddetti “lavori socialmente utili”, nonché i progetti di “inserimento lavorativo” compresi nei piani di recupero urbanistico.

Ma allora, di che cosa stiamo parlando ? Di una nuova forma di filantropia. Quella vecchia, privata dei suoi valori umanistici e governata dall’empireo dei poteri sovranazionali. In altri termini, di uno strumento di assoggettamento all’ordine costituito. Cosicchè lor signori possano creare la povertà e poi disciplinarla, imponendo ai poveri lo scambio tra quattro soldi e un lavoro di merda.

Da questo punto di vista il provvedimento minaccia di risultare efficace, come quelli omologhi già sperimentati. I Comuni e i Caf sono già nel caos, titolano i giornali. Appunto, l’assillo e l’incertezza sono parte organica del provvedimento. Ciò che ancora mi stupisce, è che Vercelli sembra non accorgersi di una realtà che in passato ha mostrato di conoscere bene. Prima o poi i poveri impugneranno i forconi, dicevamo, solo un imbecille ignora che qualunque realtà sociale cova sempre il suo contrario.

Carlo Sottile
Coordinamento Asti-Est

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