Gelindo ritorna anche quest’anno, continua la campagna Pro Gelindo 2017

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Riceviamo e pubblichiamo

“Anche quest’anno, come sempre a Natale, Gelindo ritorna.
Ritorna con la sua cavagna carica di ricordi e di speranze.
Ritorna con le brume e l’odor di mosto, con le prime gelate e l’attesa del lieto evento.
Ritorna con le brume e l’odore del mosto, con le prime gelate e l’attesa del lieto evento.
Si racconta di generazione in generazione. Lo portiamo in scena come “divota cumedia” e lo portiamo nel cuore, insieme al bisogno di presepe, di alberi adornati.” (L.Nattino)

Anche quest’anno ritorna, in varie versioni e rappresentazioni astigiane con il testo di Luciano Nattino che lo riprese nel 1977 portandolo in scena ogni anno (ed in qualche edizione interpretando alcuni ruoli): la compagnia teatrale “Angelo Brofferio” lo riproporrà per il quarantunesimo anno ad Asti il 7 gennaio allo Spazio Kor (pomeriggio e sera), il gruppo J’Arliquato di Castiglione d’Asti lo proporrà nella versione “a veglia” in vari appuntamenti.

Anche quest’anno, sicuramente, ci sarà un dilagare di Babbi Natale, di barbe finte, di cappucci rossi, il più delle volte legati alla pubblicità di questo o quel prodotto.

Chi si ricorda invece che il più antico “portatore di doni”, secondo la tradizione piemontese (che ha radici anche in Liguria e in parte della Lombardia), è proprio lui: Gelindo, il contadino che ha dato l’indicazione a Giuseppe e a Maria dove andare a riposare e che per primo arriva alla grotta (crutin) insieme alla sua famiglia a portare cibo, bevande, panni puliti alla coppia di sposi?

Anche perché è lui il proprietario del crutin, è lui il padrone del bue.
Si dice sempre: “il Bambino Gesù nacque in una mangiatoia, scaldato dal fiato di un bue e di un asinello”. L’asinello era quello di Giuseppe col quale la coppia era venuta dalla Galilea e col quale fuggirà in Egitto. Ma il bue? In quanti si chiedono di chi era quell’animale e come mai era lì?

Noi in Piemonte abbiamo la risposta: il bue era, è di Gelindo, proprietario del crutin dove Giuseppe e Maria si riposano nella notte divina in attesa del parto. Gelindo arriverà per primo alla grotta perché lui sa dove andare quando gli angeli, “adeste fidelis”, canteranno l’alleluia.

Il tutto è raccontato nella “divota cumedia” del Gelindo che, fino alla metà del secolo scorso, era il testo teatrale popolare più conosciuto e rappresentato in Piemonte: negli oratori, nelle stalle, nei teatrini parrocchiali. La sua origine è monferrina (ci sono testi scritti a partire dal XVIII secolo) e la sua tradizione orale si collega al teatro medievale, ai presepi viventi di francescana memoria.

Continuo a fare, anche quest’anno, un invito a tutti coloro che stanno preparando il presepe, sia quello vivente sia quello con le statuine: “Mettete il Gelindo nel presepe, mettetelo per primo davanti alla stalla, con l’agnello sulle spalle!”
E’ un uomo adulto con mantella e cappellaccio. Ha le “braje mütte”, i calzettoni sotto le ginocchia e gli scarponi. Sta camminando, non è fermo, ed ha lo sguardo leggermente voltato all’indietro, perché ha il senso della tradizione e perché, volendo arrivare per primo, sta controllando che nessuno lo superi. Un misto di solidarietà e di orgoglio contadino.

Purtroppo questa statuina del Gelindo non si trova quasi più. Anzi, ne approfitto per dire che, se qualcuno ce l’ha, descritta come prima, me lo segnali, così, per puro piacere di saperlo. Insieme a Gelindo, inoltre, bisogna mettere anche la sua famiglia: Alinda (o Linda), sua moglie, che porta i panni e le lenzuola (è il corrispettivo della Veronica nella Passione); Aurelia, sua figlia, che porta le uova; Tirsi, il garzone, che porta i salamini e il fiasco di vino; Medoro, suo cognato, che porta i formaggi. Senza dimenticare Maffeo, il vecchio garzone di Gelindo, che rimane a casa a sorvegliare la “roba” e gli animali del padrone mentre questi è via.

Spero che in molti continuino ad aderire alla “campagna pro Gelindo”, lanciata e sostenuta dai giornali astigiani e da molti amici teatranti e non, scrivendo messaggi all’indirizzo e-mail luciano.nattino@casadeglialfieri.it o direttamente al giornale. O sulla pagina fb di casa degli alfieri: @casa.degli.alfieri

Massimo Barbero (nel ricordo e con la complicità di Luciano Nattino)

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