Filumena Marturano in scena al teatro Busca di Alba

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“Filumena Marturano”, forse la commedia italiana del dopoguerra più conosciuta e rappresentata all’estero, ha un ruolo centrale nella produzione di Eduardo De Filippo, collocandosi tra i primi testi di quella Cantata dei giorni dispari che, a partire da “Napoli milionaria”, raccoglie le opere più complesse e problematiche in cui si riversano i drammi, le ansie e le speranze di un Paese e di un popolo sconvolti dalla guerra.

Il testo, ispirato da un fatto di cronaca dal quale Eduardo ha costruito una delle più belle commedie dedicata alla sorella Titina, è la storia di Filumena Marturano e Domenico Soriano: lei è caparbia, accorta, ostinata contro tutto e tutti nel perseguire la propria visione del mondo, con un passato di lotte e tristezze, decisa a difendere fino in fondo la vita e il destino dei suoi figli: è la nostra “Madre Coraggio”. Lui borghese, figlio di un ricco pasticcere, “campatore”, amante e proprietario di cavalli da corsa, un po’ fiaccato dagli anni che passano e dalla malinconia dei ricordi, è stretto in una morsa dalla donna che ora lo tiene in pugno e a cui si ribella con tutte le sue forze. Ma è soprattutto la storia di un grande amore.

Memorabile la versione cinematografica dal titolo “Matrimonio all’italiana” interpretato da Sophia Loren e Marcello Mastroianni.

A dirigere la commedia la più grande regista di cinema al mondo, italiana e donna, Liliana Cavani, che con questo allestimento ha debuttato nella Prosa.

L’appuntamento è per domenica 19 novembre alle 21 al Teatro Sociale “G. Busca” di Alba con Mariangela D’Abbraccio e Geppy Gleijeses e con Nunzia Schiano, Mimmo Mignemi, Ylenia Oliviero, Elisabetta Mirra, Agostino Pannone, Gregorio De Paola, Adriano Falivene e Fabio Pappacena

Scene e costumi Raimonda Gaetani. Regia Liliana Cavani. Produzione Gitiesse Artisti Riuniti

Trama

Domenico è furente perché Filumena, una ex prostituta che da anni vive con lui come la più paziente e sottomessa delle mogli, è riuscita a strappargli un matrimonio, facendogli credere che era in punto di morte. Poi, dopo quelle nozze in articulo mortis, era balzata dal letto, guaritissima e ferocemente soddisfatta di aver ripreso il suo posto legittimo nella casa che per tanti anni aveva contribuito a far prosperare. A quello stratagemma estremo s’era risolta perché, dopo mille avventure da lei sopportate in silenzio, il suo uomo voleva ora darle il benservito, per sposare una ragazza di vent’anni. E non era tutto, perché con una sorprendente rivelazione aveva raccontato di avere tre figli segreti, già grandi, e per giunta cresciuti a balia grazie ai denari rubati a Soriano. Questi va su tutte le furie, dichiara che il matrimonio gli è stato carpito con l’inganno e ne ottiene l’annullamento.

Allora l’indomabile Filumena ripiega su un altro più sottile espediente: uno dei tre giovanotti è figlio di Domenico. Quale? La donna lascia la casa, la sua casa, portandosi via il segreto. Domenico, attanagliato dalla più angosciosa curiosità, la supplica di rivelargli la verità; ma intanto riscopre tutte le qualità umane di quella donna. E per non lasciarsi sfuggire il figlio, acconsente a liberarsi della fidanzata, a sposare – questa volta davvero – Filumena e a prendersi in casa i tre giovani. Ma nemmeno diventata moglie Filumena svelerà il segreto. Madre di tutti e tre, non accetterà che uno di loro goda di qualche privilegio. Così, alla fine, Domenico li accetterà tutti serenamente, ripetendo le parole di lei: «’E figlie so’ ffiglie… E so’ tutte eguale… Hai ragione Filume’, hai ragione tu!».

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