Il Cerchio magico: Un doppio sguardo per accompagnare i figli

Ultimamente mi ritrovo spesso a riflettere sulla sproporzione tra ciò che riesco, come madre, a garantire a mia figlia in termini di sicurezza, protezione, preparazione e la complessità del mondo nel quale si trova e si troverà a vivere. Non solo la complessità, ma anche il senso di incombente dramma che viviamo, tra le crisi militari internazionali, orribili cataclismi, prove di guerra civile in paesi a noi vicini e le immagini terrificanti delle carceri libiche in cui si trovano i nostri fratelli africani che cercano di arrivare qui.

Davanti a questo scenario la sensazione di inadeguatezza è grande e, se non si mantiene la barra della razionalità bella dritta, si rischia di cedere alla disperazione pensando a quale mondo attenderà i nostri figli una volta adulti.

Abbiamo bisogno talvolta di isolarci, di chiudere i canali di comunicazione per non farci raggiungere da tutte le notizie, in modo da preservare una visione quanto più possibile serena su di noi; ma anche questa strada non è percorribile a lungo,a meno di perdere il contatto con il reale, cosa che rappresenterebbe una enorme sconfitta per un adulto.

Allora che fare per non lasciarsi sopraffare dallo scoramento e offrire ai nostri figli una visionepositiva del mondo che abiteranno e degli strumenti per affrontarlo?

Quando si impara a guidare l’istruttore (o chi per lui) insegna che occorre mantenere contemporaneamente due sguardi: uno sguardo ravvicinato, attento a ciò che accade a breve distanza dalla propria macchina, che sia una persona che sta attraversando o una buca sulla strada; e uno sguardo lungo, capace di orientare la direzione e accorgersi per tempo di come si muove il traffico. È un esercizio non semplice, che al novellino richiede grande attenzione, ma che poi diventa un automatismo. Ecco, in un certo senso, credo che questo doppio sguardo sia fondamentale anche per vivere e affrontare la quotidianità di genitori.

C’è uno sguardo lungo da mantenere, uno sguardo che si nutre di realtà, che non si illude su ciò che accade nel mondo e al tempo stesso cerca di metterlo in prospettiva: la storia ci insegna molto in questo senso e anche se ora sembra che ogni crisi sia la peggiore, ogni terremoto il più devastante e ogni conflitto il più preoccupante, la verità è che questo nostro mondo è sempre stato instabile in ogni senso. La storia ci insegna anche che oggi si vive più a lungo e più in salute di cento anni fa, che la schiavitù è (almeno ufficialmente) abolita in tutto il mondo, che in moltissimi paesi non si pratica la pena di morte… insomma che un progresso c’è stato e non solo in senso tecnologico. Queste consapevolezze dobbiamo trasmetterle ai nostri figli, nei tempi e modi adeguati alla loro età, ma sono fondamentali per loro, perché altrimenti assorbiranno altre narrazioni, apocalittiche magari, senza alcun filtro.

Lo sguardo ravvicinato invece ci aiuta a collocarci laddove siamo e nel momento in cui viviamo, è lo sguardo della responsabilità e dell’azione, lo spazio nel quale possiamo e dobbiamo prendere decisioni. È lo sguardo ravvicinato che ci assiste quando si tratta di scegliere la scuola per i nostri figli, di accompagnarli nell’affrontare le questioni spinose della loro età (gli amici, le cotte, i bulli). Per noi genitori significa concretamente prendere le mille decisioni quotidiane che riguardano i rimandi che diamo alle loro azioni, affinché siano comprensibili, proporzionate, ma anche coerenti con l’impostazione educativa che abbiamo scelto. Per i ragazzi si tratta di crescere nell’attenzione a ciò che fanno, che non significa urlare “attento che cadi”, ma insegnare a scegliere con cura dove appoggiare il piede perché ci sono appoggi solidi e altri che non lo sono affatto. I bambini sono maestri del presente, perché la loro attenzione è sempre totalmente centrata su ciò che stanno facendo in quel momento, ma crescendo questa concentrazione si perde un po’ e va ricostruita su basi nuove, attribuendole valore. Questo sguardo ravvicinato è quello che consente anche di individuare i pericoli, che siano situazioni, persone, attività on line, perché l’attenzione è desta, senza esagerarne le proporzioni, ma anche senza sottovalutarli.

Ecco, mi pare che mantenere questo doppio sguardo aiuti a evitare di concentrarsi troppo su ciò che necessariamente ci sfugge perché troppo grande e lontano e al tempo stesso a non lasciarci assorbire completamente da un contingente che rischia di perdere senso.

Poi resta la fatica, quella di coltivare la nostra speranza (i ragazzi di solito di speranza son pieni), e di agire perché sia qualcosa più di un vago auspicio. Quando si agisce concretamente per costruire condizioni migliori per tutti il pessimismo perde la sua presa, il cuore e le mani sono troppo impegnati altrove.