Asti, opposizioni compatte sul “no” all’Agrivillage

Fa discutere il mondo della politica locale il progetto dell’Agrivillage, il centro commerciale dedicato all’enogastronomia e ai prodotti locali che dovrebbe sorgere in Val Rilate a pochi chilometri dal centro città.

La questione è stata dibattuta la settimana scorsa durante un Consiglio Comunale aperto, dove le varie anime sociali cittadine hanno espresso la propria opinione in merito al progetto.
“Dopo anni di incertezze, rischiamo di compromettere una vasta area verde, all’ingresso dell’abitato e di notevole interesse paesaggistico, in barba alla ripetuta dichiarazione : “Basta consumo di suolo” – afferma in una nota Asti Possibile – gli spazi saranno riservati prevalentemente alle aziende locali? Le stesse, per dimensioni e conduzione familiare, sarebbero in grado di sostenere un tale impegno? Riguardo poi alla grossa occasione occupazionale: quanta e che genere di occupazione? Magari ancora di basso profilo professionale? Quanti posti di lavoro verranno persi di conseguenza altrove? Chi ci guadagna? Di certo chi si vedrà trasformare il proprio terreno da industriale a commerciale. Chi ci perde? Il solito Pantalone”.

“Il progetto consiste in un enorme di insediamento 12.000mq di nuovi negozi, botteghe, ristoranti, alberghi localizzato in estrema periferia che finirebbe per svuotare e desertificare ulteriormente la Città di Asti, spostando quindi di fatto il fulcro della stessa al di fuori delle mura – afferma Massimo Cerruti del M5S – oggi Asti e l’astigiano ha una enorme potenzialità inespressa data dalle cascine e dai fabbricati abbandonati, dai produttori locali, dalle vetrine chiuse e tale opera depotenzierebbe invece ogni possibilità futura di sviluppo andando a saturare tale possibilità. Inoltre, è un modello che pare già obsoleto, non ancora sperimentato da nessuna parte; l’Agrivillage della Puglia è stato trasformato in un parco, quello a Musile di Piave sorretto da un sistema di scatole cinesi con al timone una società con capitale di 1 sterlina. Per questo ci teniamo a ribadire le nostre perplessità in merito a tale operazione. Durante le conferenze dei servizi la Regione Piemonte ha sollevato osservazioni su troppi aspetti critici difficilmente sanabili. Riguardano la situazione paesaggistica, la viabilità, le opere idrogeologiche. I cittadini e le associazioni di categoria degli agricoltori hanno posto inoltre seri dubbi sull’opera e la ricaduta sul territorio. Siamo per la promozione dell’astigiano in tutte le sue forme autentiche, non siamo per le copie artefatte. I turisti che scelgono di visitare l’astigiano devono conoscere la realtà del nostro territorio, assaporare i gusti, apprezzare i profumi, toccare con le proprie mani, vedere con i propri occhi. Per favorire ciò è necessario avere un piano strategico della città che miri a sviluppare anche la promozione del commercio e il settore agricolo in cui c’è molto da fare. Occorre però che le iniziative in questo senso vengano attuate in primo luogo dai soggetti politici chiamati ad amministrare”.

“L ’operazione Agrivillage risulterebbe disastrosa per la nostra città in qualsiasi caso – fa eco Uniti si può – disastrosa se non decollasse: sarebbe la città ad accollarsi il fallimento di un’operazione a rischio “cattedrale nel deserto”. Disastrosa anche qualora avesse successo, perché determinerebbe il definitivo svuotamento del centro storico e delle periferie immediatamente vicine all’Agrivillage, un contesto che già ora appare fortemente in crisi, depauperato, asfittico”.