Il Cerchio magico: I maschi sono più intelligenti?

Nei giorni scorsi è arrivata in Italia la notizia di uno studio pubblicato su Science (Gender stereotypesaboutintellectualability emerge early and influencechildren'sinterests) da ricercatori delle università di New York, dell'Illinois e di Princeton.

Attraverso una serie di esperimenti condotti su 96 bambini (48 maschi e 48 femmine) di una piccola cittadina del Midwest, i ricercatori hanno dimostrato come nel passaggio dai 5 ai 6 anni le bambine acquisiscano lo stereotipo per il quale i maschi sono più intelligenti, anche se disposte ad attribuire al proprio sesso un migliore rendimento scolastico. Insomma è in quell’età, così precoce, che iniziano ad instillarsi le idee che portano poi – a distanza di decenni – a far sì che pochissime donne si dedichino a studi scientifici (tradizionalmente considerati adatti alle menti più brillanti) e scelgano altri tipi di studi, anche più impegnativi, ma considerati meno richiedenti in termini di intelligenza pura.

Quel che questo studio dice di nuovo, è che queste rappresentazioni sono già nitide in giovanissima età, quindi che non è sufficiente lavorare su questi temi con ragazzi più grandi, ma occorre iniziare da subito, da piccolissimi. Ma qual è la strada? Dire alle proprie figlie che sono dei geni? Spingerle a misurare l’intelligenza dei propri compagni maschi con la speranza che ne colgano il limite? Certamente no. Io credo che questa sia una delle circostanze nelle quali piuttosto che FARE qualcosa, occorra essere molto vigili nell’EVITARE di fare, perché sono i messaggi che diamo – non volendo – a sedimentarsi e a fare in modo che le nostre bambine si percepiscano svantaggiate.Diventa allora fondamentale ciò che vedono in famiglia: una famiglia nella quale le donne sono rispettate nella loro intelligenza, alle quali si attribuiscono competenza e preparazione e non semplicemente capacità di cura, dolcezza e abnegazione. Al tempo stesso è importante l’atteggiamento delle maestre, dal nido in poi, la loro attenzione ad evitare di attribuire propensioni , bensì a coglierle: una bambina di quattro anni attratta dalle misurazioni va incoraggiata e certamente non invitata continuamente a fare altro, ad esempio forzata al disegno o alla prescrittura.

C’è chi pensa, guardando alle bambine sveglie e piene d’iniziativa che conosciamo, che questi discorsi siano inutili, quando non addirittura falsi (dimostrando peraltro pochissima considerazione per le scienze sociali e la loro capacità di esprimere ricerca scientifica), ma non è così perché quando andiamo a scavare oltre la superficie scopriamo quel che i ricercatori ci hanno detto: che le bambine partono davvero in svantaggio ed è nostra la responsabilità. Certo è più comodo fingere di non vedere, per perpetuare modelli che in fondo ci fanno comodo e ci rassicurano, ma almeno guardando negli occhi le nostre figlie dovremmo trovare la forza per cambiare, per cambiare prima di tutto noi e le relazioni all’interno delle nostre coppie e famiglie e poi il nostro modo di filtrare per loro la realtà. È difficile farlo perché quegli stereotipi li portiamo dentro noi per primi e per questo fatichiamo a esserne consapevoli, ma il lavoro di destrutturazione di queste gabbie mentali va fatto da tutti, nessuno escluso, attraverso la vigilanza sui contenuti dei programmi che i nostri figli guardano, i libri che leggono, ma prima ancora il nostro linguaggio. È un lavoro quotidiano, riflessivo e mai finito, ma ne vale la pena perché l’unica cosa che davvero dobbiamo alle nostre figlie è metterle nelle condizioni di esprimere appieno se stesse.

Paola Lazzarini 

{loadmodule mod_banners,Rubrica realizzata con il patrocinio di}